Il Classico Non Muore Mai: accessori
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martedì 10 settembre 2013

Lino e paglietta, estate perfetta!

L'estate è ormai quasi archiviata, tuttavia in alcune località del mediterraneo il caldo continua a farsi sentire. Cosa prevede il guardaroba classico in queste evenienze? Ecco due elementi immancabili che la sapienza dei tempi ha selezionato per noi facendoli entrare a buon diritto nel tempio del classico.

L'abito di lino

Il lino è il classico tessuto estivo in ragione della sua leggerezza e per il fatto che viene tessuto con una trama che permette una maggiore traspirazione. Sebbene questo genere di tessuto sia più in uso nei paesi caldi, il che giustifica anche la maggior diffusione di abiti di lino in tenui colori pastello nei toni del giallo (dal beige al corda) oppure in quelli dell'azzurro (dal cenere al carta da zucchero), anche in nazioni contraddistinte da climi più freschi come l'Irlanda ha potuto svilupparsi una tradizione di utilizzo e produzione di capi in lino.


L'unico difetto che possiamo ascrivere ad un capo di lino è la facilità con la quale si stropiccia, rendendolo molto spesso poco presentabile nonappena dopo il primo utilizzo. Certo ad alcuni piace l'aria trasandata e vissuta che questo genere di trattamento conferisce, ma generalmente sarebbe meglio evitare di presntarsi ad occasioni formali coperti di pieghe. A coloro che non volessero comunque rinunciare alle qualità di questo classico tessuto consigliamo nondimeno di procurarsi capi in lino misto a cotone, o addirittura seta, che minimizzano il formarsi delle pieghe pur mantenendo intatta la freschezza dell'abito.


Il cappello di paglia

Un altro classico estivo è senza dubbio il cappello di paglia. Purtroppo la moda sembra scoraggiare sempre più l'uso del cappello in generale, del cappello in estate in particolare. Tuttavia per le nostre strade è ancora possibile vedere una nutrita selezione di Panama, i classici cappelli fatti di fibre elastiche di palma intrecciati, che hanno avuto una maggiore fortuna per essere stati indossati anche recentemente da Sean Connery o in film come Il sarto di Panama.


A dire la verità però il termine "paglietta" si riferisce, o meglio si riferiva fino a qualche tempo fa, ad un cappello meno esotico, quello che gli inglesi definiscono boater. Dalla seconda metà dell'Ottocento questo cappello tipico dei canottieri (da cui suo nome) si diffuse nell'abbigliamento maschile diventando in breve tempo il cappello estivo da giorno per eccellenza. E non era solo un cappello maschile, anzi. Forse è uno dei primi accessori veramente unisex che la storia del costume possa ricordare. La mise più tipica? Per l'uomo pantoloni chiari, bianchi o beige, con scarpe in coordinato, camicia bianca o azzurro tenue, blazer di cotone o di lino, cravatta e boater. Per le donne invece camicia e gonna chiare, cravatta e boater!
Un'ultima curiosità: la forma tipica della paglietta ha ispirato la fantasia dei tedeschi per i nomi, così dalle loro parti se cercate un boater chiedete pure di una sega circolare (Kreissäge)!

Avete un boater? Con cosa lo mettete? E cosa ci dite del lino nei vostri armadi?

mercoledì 7 novembre 2012

La presentazione classica: il biglietto di visita


Ma su.... esistono ancora i biglietti di visita? Certo che sì. E per qualsiasi gentiluomo o gentildonna che si rispetti sono una parte fondamentale della presentazione tradizionale. Oggi siamo abituati a vedere biglietti "di visita", -o "da visita" come sono più comunemente chiamati- soprattutto in mano agli agenti di commercio oppure ai funzionari di banca, comunque per motivazioni puramente professionali. Ma non è sempre stato così. 

Il maggiordono, alfiere delle buone maniere

Anzitutto un po' di storia. Fin da quandonel Settecento le buone maniere vennero istituzionalizzate e codificate, e l'etichetta di corte si diffuse dalle case dei re a quelle della nobiltà e da lì alle case dell'alta borghesia divenendo così la dimostrazione formale della "cortesia", ogni persona che intendesse far visita ad un'altra doveva annunciare il suo nome al maggiordomo affinchè questi a sua volta lo annunciasse al suo padrone, ed egli potesse infine decidere se intendeva o meno vedere il visitatore. Questa mediazione metteva però gli appartenenti alle classi elevate nella imbarazzante situazione di essere interrogati da persone di rango inferiore e per evitare questo sovvertimento dell'ordine costituito si decise di ricorrere ad un'altra mediazione: un cartoncino con su scritti il nome e i titoli della persona. La praticità della cosa conquistò subito e i Signori cominciarono fin da subito a lasciare cartoncini a destra e a sinistra, come mostra la loro menzione perfino in una commedia di Goldoni intorno al 1730.
...era una vera processione di carrozze, di amici, di servitori in livrea, che lasciavano ... una carta di visita, delle quali il portinaio ogni sera recava un vassoio tutto pieno in anticamera (Verga)
In un primo tempo il cartoncino era scritto a mano, in seguito si diffuse la moda di averlo stampato; al principio era presente solo il nome, poi si aggiunsero i titoli, gli stemmi e le corone, i motivi decorativi. Una delle cose che mancava nelle prime "carte di visita" era l'indirizzo, oggi uno degli elementi fondamentali di questo genere di accessorio, ma la mancanza era del tutto giustificata dalla funzione: non vi era necessità infatti che il maggiordomo annunciasse al padrone anche il domicilio del visitatore. L'etichetta prevedeva che le visite avvenissero in una determinata fascia oraria, generalmente nel primo pomeriggio ma ad una certa distanza dal pranzo, e che chiunque volesse far visita si presentasse all'ingresso della casa visitata munito dell'indispensabile cartoncino. Il biglietto di visita era usato sia per una visita estemporanea, sia meglio per annunciare una visita futura, lasciandolo al maggiordomo in qualunque ora del giorno per annunciare l'intenzione di passare nell'ora delle visite.

 il biglietto da visita: la presentazione classica con stile 

Al giorno d'oggi non si usa più farsi annunciare quando si va a trovare qualcuno, una necessità venuta meno sia con il tramonto della figura del maggiordomo che con l'abolizione degli orari di ricevimento. Nondimeno il biglietto da visita è rimasto nell'uso divenendo biglietto di presentazione, un modo pratico per fornire i propri recapiti, prima solo postali in seguito anche telefonici e poi telematici. Esso parla di noi con lo stile dei caratteri, la composizione formale, il tipo di cartoncino scelto (il classico è quello tipo Bristol bianco), le indicazioni presenti.

Il gentiluomo o la gentildonna classici dovrebbero sempre avere con sè biglietti di due tipi: il biglietto da visita personale, da dare agli amici per uso privato, e quello professionale con i contatti utili per i rapporti di lavoro. La sobrietà è raccomandata in entrambi come la suprema delle virtù, con un cartoncino bianco o avorio, l'inchiostro preferibilmente nero o grigio molto scuro, la stampa generalmente a rilievo. Nel biglietto da visita personale gli orpelli e i tratti decorativi dovrebbero essere ridotti al minimo, mantenendo per coloro che si fregiano di un titolo nobiliare la coroncina corrispondente o al limite lo stemma solo impresso a rilievo, e l'indicazioni del nome preceduta dai titoli accademici e nobiliari dei quali si fa uso (da evitare il fantozziano "Dott. Ing. Lup. Man. Pres......", così come il deprecabile uso teutonico di elencare tutti i titoli accademici conseguiti). La forma anche se non lo abbiamo detto prima è quella rettangolare ovviamente (ma non per tutti, a quanto pare!).

E voi, avete trovati in soffitta il vecchio biglietto da visita di un vostro bisnonno? Avte una collezione di antichi biglietti da visita? O forse volete solo condividere un suggerimento con gli altri lettori? 
Commentate pure!