Come avete certamente notato, qui ci occupiamo di classici, e ci proponiamo di farlo nel senso più ampio. Dal classico dei testi classici all'abbigliamento classico, dalla più classica delle gaffes ai classici della letteratura e dell'arte. Approfondendo, cercheremo anche di sondare la nozione stessa di classicità: cosa fa di un classico un classico? E cosa ci vuole per essere un classico? E infine, la domanda più attesa: ha senso il classico nel globalizzato mondo del XXI secolo?
Italo Calvino scriveva: "un classico è un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire". Questa definizione, a mio avviso, è valida non solo per i libri. Essa è estendibile: un accessorio, un mobile, un piatto di cucina tradizionale, uno stile, tutto può essere classico. Basta solo che sia caleidoscopico, che ogni volta che lo giri sottosopra tu ne possa scorpire un lato nuovo, o un nuovo uso, o che semplicemente -mantenendosi uguale a sè stesso- induca qualcosa di nuovo in noi. In un certo senso il classico, lungi dall'essere l'archetipo della reazione e della bigotta conservazione, è la molla del progressismo.
Mi si permetta anche un rimando classico, nel senso letterale del termine: la definizione di "classico" deriva dallo scrittore latino Aulo Gellio, che nel II secolo dopo Cristo definiva "classicus" uno "scriptor non proletarius", ovvero in sostanza uno scrittore "di prima classe", "d'eccellenza". Ed è proprio a questo che punteremo qui, ad illustrare l'eccellenza, al fine di trarne esempio e godimento.
Quanta carne al fuoco, mi direte. Certo, ma non tutta in un sol boccone. Un assaggio alla volta anzi. Una pillola di classicità che possa farci riscoprire noi stessi o che ci spinga a migliorarci ogni volta un po' di più. Ne vale la pena!
Nessun commento :
Posta un commento